Le elezioni europee hanno segnato un cambiamento nella governance dell’Unione. I partiti tradizionali tagliano il cordone che gli ha permesso di contendersi il potere fino ad ora. Irrompono sulla scena politica nuove realtà e i populisti, nonostante gli ampi consensi, non saranno certamente l’ago della bilancia dei prossimi 5 anni. L’Italia è sempre più schiava dei propri leader: mentre l’Europa avanza a piccoli passi, noi restiamo ancorati ai carrocci.
Salvini gongola, Di Maio incassa, Zingaretti medita e gli elettori italiani, se la democrazia non è un’opinione, esultano. L’Italia è uno dei Paesi fondatori dell’UE, una delle anime pulsanti, che attraverso l’applicazione delle direttive dovrebbe lavorare attivamente per rinnovare quotidianamente il più grande progetto politico creato negli anni del dopoguerra. Eppure, da noi si pratica ancora la democrazia del disinteresse, ragion per la quale i livelli di astensionismo, soprattutto nelle piccole realtà, non sorprendono.
A giudicare dai commenti degli italiani nelle ore successive al voto, l’ Europa è vista come un’entità lontana, quasi un capriccio politico che distoglie l’attenzione da quelli che sono i “veri problemi degli italiani”. Per tale ragione, le elezioni europee vengano considerate delle “politiche bis”, dove le nostre scelte non riguardano idee, programmi e neanche partiti. Ci siamo ridotti a votare esclusivamente il candidato, trasformandoci, de facto, in un sistema Presidenziale. Questo mood generale si complica nel momento in cui, come nel caso italiano, l’offerta di volti tra cui scegliere è davvero scarsa. Negli scorsi anni ci siamo imbattuti ciecamente in Matteo Renzi, con l’impegno di rottamare qualsiasi cosa gli passasse per le mani; poi è stato il turno del Movimento 5 Stelle, con un Di Maio armato di “gente comune” che ha scatenato il Sud Italia, infiammando gli animi popolari a suon di promesse circa una nova ed epica rivoluzione. La delusione lasciata dai due è stata finalmente spazzata via dall’ascensione,tra rosari e Madonne quasi biblica, di Matteo Salvini.
Cosa può offrire Salvini all’Europa
Ministro degli Interni in perenne campagna elettorale, Salvini professa i principi sovranisti e, a suo dire, profondamente cattolici, andando in missione tra ospitate televisive e sagre di paese. Nei momenti liberi, si dedica alla creazione di concorsi a premi o alla stesura di decreti ministeriali (fino ad ora pochi e fallimentari). L’ultimo, in discussione in questi giorni, è il Decreto Sicurezza Bis che, facendo da cappello al precedente, stabilisce l’imposizione di una multa fino a 5000€ per chiunque salvi una vita umana in mare, provvedimento che farà contenta la Le Pen, alleato con cui “cambiare l’Europa”.
Finalmente, l’Italia che da anni si sente vittima e bersaglio dei vari governi europei potrà alzare la voce all’estero, grazie a rappresentati che saranno liberi di dedicarsi a ciò che gli riesce meglio: seminare odio. Conseguenza naturale sarà creare invettive contro i nemici di turno: che siano immigrati, capi di Stato, burocrati, economisti o “professoroni” (come se possedere un titolo di studio fosse penalizzante!), non fa differenza, l’importante è avere sempre un argomento contro cui spiegare le vele del populismo, il tutto non in Parlamento, ma rigorosamente sui social.
Prospettive future
L’Europa ha molto su cui lavorare, ma la corretta lettura dei risultati elettorali apre una leggera possibilità di cambiamento. L’inaspettata avanzata dei Verdi in vari Paesi lascia ben sperare che ci si stia proiettando verso sfide concrete. In Italia abbiamo deciso di prendere le distanze anche da questo fronte: nonostante rivestiamo ampie certezze economiche sulle bellezze naturali, ed abbiamo sperimentato tristi episodi legati alla Terra dei fuochi o all’Ilva di Taranto, partiti del genere hanno raccolto, a casa nostra, consensi miseri. Si rimane ancorati solo a ciò che viene presentato come una minaccia alla sovranità italiana, puntando all’isolamento quale fine ultimo delle nostre azioni.Questo è solo uno degli esempi su cui interrogarsi per capire se stiamo andando nella giusta direzione.
Assoggettare il proprio futuro alle decisioni del leader di turno è la giusta strategia per il nostro Paese? Alla luce dei fatti è lecito pensare che si possa arrivare ad una crisi di governo, così come non sorprenderebbe se Salvini esaurisse, nel lungo periodo, le sue già povere risorse. In tal caso ci ritroveremo orfani, per l’ennesima volta, di esponenti politici di riferimento, così come arretrati rispetto allo scenario che avanza. Continuando a cedere su tematiche meramente acchiappavoti, sarà sempre più difficile riemergere da questo stato di stagnazione: “prima gli italiani” sì, ma in Europa ci stiamo sbattendo ai margini.
Credit immagine di copertina: © Newspress- Elezioni europee 2019, Matteo Salvini in conferenza stampa