Nei Paesi Bassi manca ancora il governo e anche l’ultimo incontro tra le forze politiche non è andato a buon fine. Il punto della discussione restano i rifugiati
Senza un governo dal 15 marzo. È questa la situazione che si sta vivendo nei Paesi Bassi e, salvo ripensamenti nei prossimi giorni, lo stallo proseguirà ancora a lungo.
Il punto sul quale i partiti che sono entrati in Parlamento dopo le elezioni di quest’inverno si sono arenati riguarda i rifugiati. Il leader dei GroenLinks (Sinistra Verde), Jesse Klaver, si è fermamente opposto all’idea avanzata dagli altri partiti stanno cercando di formare la coalizione di governo. Questi vorrebbero infatti sottoscrivere degli accordi con alcuni Paesi africani per il rimpatrio dei rifugiati. Gli Stati presi in considerazione dai politici olandesi sono Tunisia, Egitto, Sudan, Somalia ed Eritrea. Una posizione che Klaver e ai suoi non possono assolutamente accettare, come spiega lo stesso leader dei GroenLinks: “Non vogliamo far tornare indietro persone che non sarebbero al sicuro in quegli Stati”.
La possibilità di avere un governo nei Paesi Bassi in tempi brevi, pare essere quindi una possibilità assai remota: “Sono molto sorpreso – ha sottolineato il primo ministro Mark Rutte, del VVD – perché anche i governi più a sinistra d’Europa sarebbero disposti a supportare questa proposta”. Oltre all’esponente del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia, appoggiano la linea degli accordi con i Paesi africani anche i leader di D66 e CDA (Appello Cristiano Democratico).
Klaver si è detto dispiaciuto per l’interruzione dell’incontro, il terzo da marzo, che avrebbe dovuto dare un governo ai Paesi Bassi, ma ha anche ribadito che il suo partito darà il nulla osta al rimpatrio dei rifugiati solo quando i diritti di questi ultimi saranno garantiti: “Esigiamo che i Paesi con i quali stringeremo gli accordi – precisa Klaver – assicurino alle persone diritti di protezione e cura”.
Insomma, le forze politiche olandesi sembrano molto lontane dal trovare un accordo che dia loro la possibilità di formare un governo. E lo spettro delle elezioni anticipate si fa sempre più incombente.
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