Sono sempre stata una ferma sostenitrice del fatto che, per conoscere a pieno la cultura di un popolo, ne vada letta la letteratura.

Così, appena approdata ad Utrecht, mi sono diretta in una delle librerie più grosse della città alla ricerca di qualche classico olandese tradotto in inglese (mea culpa, il mio olandese è inconsistente).

La scena che ora descriverò può sembrare una barzelletta, e invece è successa davvero. Vista la mia ignoranza in materia, ho deciso di affidarmi alla competenza del personale della libreria, richiedendo esplicitamente un classico olandese. Ricordo ancora lo sguardo perplesso della venditrice. “Classico? Non capisco”. Provo a spiegarle che cerco un autore che chiunque abbia almeno sentito nominare a scuola nei Paesi Bassi. Continua a guardarmi perplessa. Decido allora di lanciarmi in esempi concreti.

“Se tu fossi inglese, mi diresti Shakespeare. Se tu fossi italiana, diresti probabilmente Dante. Invece tu sei olandese, e quindi dici…?”
La risposta fu “vai dal mio collega”, il quale, interpellato a sua volta, mi indica timidamente uno scaffale su cui erano disposti una decina di libri di autori a me sconosciuti (e a prezzi incredibilmente alti).

Decido di confrontarmi con un amico, che afferma senza giri di parola che agli olandesi la letteratura non interessa. Si, ci sono dei classici, ma, appartenendo in gran parte al periodo della colonizzazione, si tenta di relegarli nella memoria di un passato da dimenticare.

Impugno così totalmente alla cieca il mio primo romanzo di un autore olandese e la mia scelta ricade su “Marte Jacobs” di Tim Krabbè.

Fin da subito mi incuriosisce il fatto che oltre ad essere uno scrittore e giornalista, Krabbè è anche uno scacchista di tutto rispetto.

Marte Jacobs è un romanzo pubblicato per la prima volta nel 2007 e deve il suo titolo al nome della protagonista, una ragazzina sfuggente e misteriosa di cui si innamorano due amici, uno poeta e l’altro romanziere. Eppure non lo considero un romanzo d’amore. Marte rappresenta per entrambi una musa sfuggevole e incomprensibile che riesce ad inspirare inconsapevolmente due artisti. Sulle vie di Amsterdam si districa una storia fatta di arte, ingenuità e crescita. Perché anche di crescita si tratta. Marte e il poeta si incontreranno 3 volte durante il romanzo. Nella prima lui ha 16 anni e lei 9. Nella seconda frequentano lo stesso liceo e iniziano ad intessere un’amicizia che lo porterà a comporre la sua prima e più celebre poesia. La terza a un ballo in cui l’amico le porta via la ragazza prima ch’egli si decida finalmente a confidarle i sentimenti.

Poi il distacco, il silenzio, finché non arriva la notizia che Marte è morta suicida e l’amico le ha dedicato un romanzo che incute sentimenti contrastanti al poeta. Infine la volontà di conoscere la natura di quella che poteva essere la sua relazione, lo porta a leggere il romanzo per ritrovare Marte nelle pagine perdute e immortalate nella memoria di qualcun altro.

Questo libro mi ha lasciato sentimenti contrastanti, per la malinconia di cui è irrimediabilmente intriso. Malinconia di qualcosa che mai c’è stato e potrà esserci, malinconia di non essere mai riusciti ad afferrare per intero l’essenza di qualcuno.

Consigliato agli amanti della Nouvelle Vague e ai sognatori nostalgici.

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