Boyan Slat è uno studente di ingegneria aerospaziale in Olanda, ha 21 anni e ne aveva solo 17 quando ha cominciato a mettere a punto l’idea di poter ripulire gli oceani dalla plastica, con un team di un centinaio di persone che stanno lavorando per lui e con lui su un innovativo progetto: l’Ocean CleanUp Array.
Nell’Oceano Pacifico c’è un “vortice di spazzatura” (Pacific trash vortex), una gigantesca isola di 2.500 km di diametro (il doppio della distanza tra Milano e Reggio Calabria) e 30 metri di profondità a nord della West Coast americana. Di cosa è fatta? Plastica, per l’80 per cento. Le correnti oceaniche radunano i rifiuti in questisola, che ha iniziato a formarsi a partire dagli anni’50, boom del consumismo. L’obiettivo è di rimuovere 7.250.000 tonnellate di spazzatura nel giro di pochi anni.
La stampa riporta che il ‘costo per la realizzazione di una piattaforma è stato calcolato sui 14 milioni di euro, mentre il costo per il trasporto della spazzatura a terra si prevede sia di un milione di euro all’anno, ovvero 14 centesimi per ogni chilo di plastica’.
Per avviare la seconda fase del progetto Boyan ha avviato una raccolta fondi online: l’obiettivo è di raccogliere 2 milioni di dollari in 100 giorni.
Secondo le stime, il progetto Ocean Cleanup è 33 volte più conveniente dei metodi convenzionali per l’estrazione della plastica. A oggi i fondi raccolti ammontano a $ 1.073.432 (il 53% del totale).
I soldi ricavati saranno investiti innanzitutto per condurre altri test che accertino l’affidabilità della tecnologia, poi per ingrandire il team per perfezionare il metodo. La plastica verrà raccolta volta per volta, in base alle donazioni: con meno di 5 euro (la donazione minima è di euro 4,56) si può ripulire l’oceano di 1 chilo di rifiuti, con 550 euro, invece, di ben 120 chili.
I primi test sono andati a buon fine
Boyan e il suo gruppo hanno condotto uno studio di fattibilità alle Azzorre e sperano di mettere in opera le prime trappole nel Pacifico settentrionale entro il 2020. Secondo questo studio, durato circa 400 giorni e che ha prodotto un dossier di 530 pagine, il progetto Ocean Clean Up non solo è fattibile, ma promette anche molto bene.
La maggior parte della plastica galleggia entro i tre metri di profondità, ovvero poco sotto la superficie dell’acqua. Quindi, mentre gli organismi viventi potranno nuotare appena sotto le barriere fluttuanti lunghe 50 chilometri, la plastica verrà intercettata. Si stima che nel giro di cinque anni circa l’azione del CleanUp possa raggiungere un perimetro vasto quanto l’oceano.
L’azione di OceanCleanUp vedrà la distribuzione di un segmento di barriera lungo 300 metri nel secondo trimestre del 2016, nel Mare del Nord, 23 km al largo della costa dei Paesi Bassi. Per la prima volta la barriera sarà messa alla prova in acque aperte.
L’obiettivo principale del test del Mare del Nord è quello di monitorare gli effetti delle condizioni reali del mare, con particolare attenzione alle onde e alle correnti. I movimenti della barriera e dei carichi del sistema vengono monitorate da telecamere e sensori. Le barriere galleggianti sono considerati come uno degli elementi più critici dell’intero progetto, poiché sono responsabili di catturare e concentrare i detriti di plastica. A causa delle loro dimensioni e delle condizioni oceaniche estreme, le barriere sono da sempre l’obiettivo superiore del team di ingegneri.
Dopo aver provato diversi modelli al computer, aver testato il modello in scala in ambienti controllati come i bacini Deltares e Marin, gli ingegneri credono che sia il momento di far passare la barriera alla prossima fase di sviluppo. Il test del Mare del Nord aiuterà il team ad eliminare ogni fattore di rischio per la Coastal Pilot, il primo sistema operativo progettato per la pulizia al largo della costa dell’isola di Tsushima, Giappone. Per essere in grado di utilizzare al meglio i risultati della prova nel Mare del Nord, il via libera per la Coastal Pilot sarà rimandato alla seconda metà del 2016. Entrambi i test sono una parte degli sforzi di OceanCleanUp per sviluppare una tecnologia passiva per ripulire la spazzatura oceanica del mondo. Il test contribuirà inoltre a garantire l’efficacia e la durata del sistema su larga scala che sarà distribuito nel Great Pacific Garbage Patch nel 2020.