A partire dal mattutino “Goede Morgen”, soprattutto quello scambiato ancora assonnati con l’autista, che la maggior parte delle volte sembra apparire più una prova della funzione delle corde vocali piuttosto che un buon giorno, è facile capire che l’ Olandese non rientri in uno di quei ceppi linguistici caratterizzati da suoni dolci e melodici.
Tranne se non si è degli esperti o appassionati di lingue germaniche infatti, è immediata l’impressione di trovarsi davanti ad una lingua difficile, con suoni duri e aspri, che spesso si riesce a riprodurre a fatica anche dopo anni e anni. Quello che più correttamente dovremmo definire con il termine “Nederlandese” (da Neder e Land, cioè Basso e Terra), poiché non s’intende solamente la lingua parlata in Olanda, ma quella dell’intera area situata geograficamente sotto il livello del mare, è infatti una lingua molto complessa. Questa deriva dal gruppo linguistico del germanico occidentale, lo stesso del tedesco e dell’inglese e costituisce un importante ponte glottologico e culturale tra queste due lingue. Allo stesso tempo, però, la varietà con cui tende ad avvicinarsi all’una o all’altra, porta l’Olandese ad avere una grammatica e un lessico meno definiti rispetto alle sue compagne d’origine, con il risultato di essere una lingua più difficile da comprendere e da imparare.
Per chi porta con sé il bagaglio delle lingue romanze è quasi inevitabile, quindi, non lamentarsi dell’impatto uditivo prodotto dagli allitteranti suoni fricativi o della casuale differenza di genere tra gli het-woorden e i de-woorden. Immaginereste però che alcune delle parole che utilizziamo comunemente anche nel nostro linguaggio quotidiano e che riteniamo normali prestiti dall’inglese, derivino invece dall’aspro e incomprensibile Olandese? Dagli studi della linguista olandese Nicoline van der Sijs, si può notare infatti come anche l’inglese sia stato in realtà influenzato da questa lingua.
Ciò non è accaduto ai tempi delle antiche tribù dei Germani tra le scogliere dei mari del nord o tra le le pianure sconfinate delle Fiandre, quando queste lingue erano ancora agli inizi del loro sviluppo, ma in epoca molto più recente, grazie all’ importante storia coloniale dell’ Olanda. Queste due potenze, infatti, intrattenevano una fitta rete di scambi commerciali ed inoltre quando nel 1609 gli olandesi arrivarono in America, fondando la colonia di Nieuw Amsterdam, la loro lingua lasciò un segno che si protrasse nel tempo, anche quando, con l’arrivo degli inglesi, la città si trasformò nell’odierna New York.
Queste contaminazioni linguistiche sono rimaste in vita fino ad oggi e ne possiamo trovare traccia anche in parole come boss dall’olandese bass o cookie da koekje e persino nell’ adorato Sinterklaas, il particolare Babbo Natale nederlandese, in inglese chiamato appunto Santa Claus. Ci sono più di 1500 parole che l’inglese ha preso in prestito dall’ olandese, alcune tra le quali sono utlizzate ancora oggi in entrambe le lingue, come ad esempio bluff da bluffen, cioè sbagliare, o diversi nomi di sport, come il Cricket e il Golf. Troviamo anche nomi di liquori come il Brandy da brandewijn, con il significato di latte bruciato e l’importante contributo del chimico fiammingo Jean Baptiste van Helmont, a cui si deve il neologismo gas. Quello che comunemente chiamiamo ticket deriva dall’olandesesteken, cioè pungere, infilare; l’iceberg che ci ha disperatamente fatto piangere in Titanic, sarebbe ijsberg, letteralmente montagna di ghiaccio e lo yacht che in molti desidererebbero avere, viene dall’olandese jachtschip, cioè nave da caccia. Anche la popolarissima parola tattoo è tratta dall’olandese taptoe utlizzata quando di sera la polizia entrava nelle taverne per chiudere gli spillatori della birra. Per quanto quindi questa lingua nordica, forse un pò selvaggia, possa risultare ostile, è in realtà molto presente nel nostro gergo abituale, probabilmente più vicina a noi di quanto faccia percepire a primo impatto e potrebbe riservarci molte più sorprese di quanto potremmo immaginare.