Venerdì scorso al World Dementia Council summit in Giappone, il ministro della salute Hugo de Jonge ha tenuto un discorso di sensibilizzazione sulla demenza senile. Con il termine si intendono una serie di disturbi che interessano il cervello, tra le quali anche l’Alzheimer e il morbo di Parkinson, e che hanno come conseguenza il deterioramento delle funzioni cognitive (memoria, linguaggio, orientamento, pensiero astratto, capacità critica…). Secondo il ministro si tratta di una patologia spesso incompresa e ignorata e a cui non viene prestata la dovuta attenzione.
De Jonge ha paragonato l’aumento delle persone affette da questa condizione neurologica alla diffusione dell’HIV negli anni ’80. Nonostante questo, però, studi recenti hanno dimostrato che gli ultra ottantenni hanno una minore possibilità di essere soggetti al disturbo rispetto a trenta anni fa. Questi risultati si riscontrano soprattutto tra individui beneducati, in quanto generalmente questi conducono uno stile di vita salutare.
L’importanza della ricerca
De Jonge ha inoltre incitato i capi di stato ad investire ingenti quantità di denaro sulla ricerca in modo da arrestare l’avanzamento del disturbo mentale. Un altro tema importante è la necessità di trovare il modo di permettere ai malati di demenza di mantenere un ruolo nella società senza essere confinati in case di cura.
Ha aggiunto che, proprio come accadde allora per l’HIV, i medici al giorno d’oggi non sanno esattamente cosa causi la demenza. I fattori di rischio principali sembrano essere l’età e il sesso. Le donne, infatti, sembrerebbero essere più colpite dalla patologia rispetto agli uomini, ma questo dato è considerato controverso. Non sembrano invece implicate l’etnia o le condizioni socioeconomiche.
De Jonge dopo aver evidenziato l’importanza della ricerca medica in questo campo ha invitato i leader degli stati membri del G20 alla Alzheimer’s Association International Conference che avrà luogo nel 2020 ad Amsterdam.