Elezioni europee: Guerra alle "fake news"

Come ben dimostrato da casi precedenti (solo un anno fa lo scoppio dello scandalo Cambridge Analytica, ha rivelato come i dati di oltre 87 milioni di utenti furono utilizzati a loro insaputa per orientare il voto delle presidenziali americane e il risultato del referendum sulla Brexit), la possibilita’ che, attraverso i contenuti spesso non veritieri, che circolano in rete, si possa contaminare il consenso elettorale e quindi produrre risultati elettorali che sono appunto manipolati e condizionati, e’ un rischio concreto e da non sottovalutare.

Per rispondere a questi crescenti rischi di condizionamento e alle preoccupazioni espresse al riguardo da parte della Commissione, i tre colossi della Silicon Valley che costituiscono ad oggi le principali fonti d’ informazione sul web, hanno aderito all’utilizzo di un codice di buone pratiche, con cui si impegnano ad adottare un atteggiamento collaborativo mirato a una maggiore trasparenza informativa e alla rimozione dei contenuti fake attraverso anche la consegna alla Commissione Europea di rapporti periodici sulle azioni intraprese.

Nonostante le azioni correttive il quadro che e’ emerso da tali rapporti non e’ per niente roseo.

Solo in Italia, il motore di ricerca per eccellenza, Google, ha bloccato oltre 10000 account che fornivano false informazioni sulla propria identita’ oltre che ad contribuire alla circolazione di fake news. Ma non finisce qui. Se prendiamo in considerazione il punto di vista europeo la quota aumenta esponenzionalmente con un blocco praticamente ogni 120 secondi per un totale di oltre 80000 profili bloccati nel giro di pochi mesi. Nel frattempo anche gli altri due grandi canali di informazione Twitter e Facebook si sono attivati per cercare di arginare il fenomeno delle fake news. In particolare il social network per antonomasia, in seguito ai postumi della succitata vicenda di Cambridge Analytica, ha gia bloccato oltre 600mila inserzioni nell’Unione europea. Per farlo Facebook ha deciso di allestire una vera e propria war room avvalendosi delle competenze di 40 impiegati che, nella sede di Dublino, si occupano di individuare i profili che alimentano la circolazione di notizie false ed eliminare i post tossici in vista del voto.

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