La sanità italiana? «È la più efficiente in Europa e terza nel mondo». Così il 7 ottobre 2014 Il Sole 24 Ore ci comunicava che la situazione del nostro sistema sanitario nazionale, tanto criticato pressoché da chiunque, non era poi così tragica, anzi.
L’articolo diceva che “nel gruppo di testa ci sono molti Paesi del sud est asiatico – prima Singapore, che supera Hong Kong, e più giù Giappone e Sud Corea – ma anche l’Italia, che a sorpresa conquista un inaspettato terzo posto nel ranking mondiale dell’efficienza dei sistemi sanitari nazionali. A stilare la classifica è Bloomberg, in base ai dati forniti da Banca Mondiale, Fondo monetario internazionale e Organizzazione Mondiale della Sanità. Il bistrattato Ssn italiano nell’olimpo dei sistemi sanitari, dunque, distante anni luce da Usa (44° posto) e Russia, fanalino di coda, e saldamente in testa tra i Paesi europei. Per dire: la Francia è solo all’ottavo posto, il Regno Unito del National Health Services al decimo.”
La classifica di efficienza dei sistemi sanitari elaborata da Bloomberg metteva in fila 51 paesi tra quelli con popolazione superiore ai 5 milioni, prodotto interno lordo di almeno 5mila dollari Usa e un’aspettativa di vita superiore ai 70 anni. Tra i parametri presi in considerazione l’aspettativa di vita, la percentuale di spesa sanitaria sul totale del pil e spesa totale pro-capite per la Sanità, sintetizzati in un parametro generale di efficienza che nel caso di Singapore segnava 78,6 punti, 77,5 per Hong Kong e 76,3 per l’Italia; staccati Giappone (68,1), Sud Corea (67,4) ed Australia (65,9).
Praticamente pareva che l’Italia registrasse una percentuale del Pil (in dollari Usa) destinata alla spesa per la sanità quasi doppia rispetto ai paesi meglio piazzati. La spesa sanitaria annua per ciascun cittadino superava in quel momento da noi i 3mila dollari Usa, in calo del 9% rispetto alla precedente rilevazione del 2013, quando il nostro paese era piazzato al sesto posto della classifica generale.
27 gennaio 2015, La Repubblica. “L’Europa mette a confronto i sistemi sanitari. Vince l’Olanda, Italia al 21° posto”.
Il sondaggio dell’anno scorso sull’assistenza medica vedeva i Paesi Bassi in vetta, seguiti da Svizzera, Norvegia, Finlandia e Danimarca. L’Italia nel frattempo perdeva punti e un posto nella classifica dell’Indice europeo Health Consumer (EHCI). Nato nel 2006 su iniziativa del centro indipendente svedese Health consumer powerhouse (HCP), l’indice fotografa dal punto di vista dei consumatori lo stato della sanità di ciascun Paese basandosi su dati ufficiali. Al primo posto l’Olanda, con un punteggio di 898 su 1000, seguita da Svizzera, Norvegia, Finlandia e Danimarca. L’italia al 21esimo posto con 648 punti.
Ritorna il motivo della spesa sanitaria che cala e le prestazioni sanitarie che salgono, peccato che un anno fa in Italia continuassero a scendere sia spesa che prestazioni. Da Bruxelles, il presidente dell’HCP Bjornberg diceva di non allarmarsi per il mero punteggio, poichè la regionalizzazione dei sistemi sanitari acuisce sempre di più il divario tra Nord e Sud, rendendo difficile stabilire una media nazionale, viste le tante eccellenze presenti anche nel nostro Paese. Restano poi tanti dubbi sul superamento dei pagamenti in nero, che l‘indagine relativa alle associazioni dei pazienti segnalava “in notevole miglioramento”.
Bjornberg ci raccomandava di gestire la prevenzione antifumo, “dato che quest’ultimo è una delle cause degli scarsi risultati dei trattamenti”. Poi “l’eccessivo consumo di antibiotici va a braccetto con l’elevato livello di gravi infezioni ospedaliere: si tratta di una correlazione pericolosa, che andrebbe affrontata”, e ancora l’assistenza a lungo termine della popolazione in invecchiamento: “un’abissale mancanza di preparazione. Sotto questo punto di vista, infatti, l’Italia si colloca allo stesso posto di Romania e Grecia, ma ancora una volta non sembra esservi alcuna volontà politica di attuare azioni risolutive”.
Com’è possibile che in soli tre mesi la situazione italiana si presenti così diversa? Diversi criteri di ricerca, diverse variabili, diveri metodi di indagine, eppure pare proprio di aver descritto due paesi totalmente differenti. Addirittura in un articolo di appena tre giorni fa de Il Fatto Quotidiano (16 gennaio) si parla di malasanità in termini non certo poco incisivi: “Il dato parla chiaro ed è incontrovertibile. Nei primi otto mesi del 2015 si è registrato in Italia un numero di decessi superiore, rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente, di ben 45.000 unità, pari, se il trend sarà confermato a ben 67.000 morti in più nel corso dell’anno appena trascorso. Pare che un tale anomalo incremento dei decessi si sia finora avuto solo in situazioni e periodi di guerra.”
Certo, anche in Olanda con la fine del costosissimo Welfare State si rischia di scendere dal podio.
Ma attendiamo la prossima classifica per sapere a chi dare contro.