Caso Noa Pothoven: facciamo chiarezza sull’eutanasia nei Paesi Bassi
Dopo il caso Noa Pothoven, la a ragazza olandese di 17 anni che si è lasciata morire lo scorso 2 giugno, sul web sono circolati in men che non si dica diversi articoli di testate giornalistiche (specialmente italiane) in cui vi era scritto che la ragazza era morta tramite eutanasia. Le notizie, oltre ad essere delle vere e proprie bufale, hanno alzato un polverone mediatico non indifferente.
Facciamo un po’ di chiarezza su cos’è l’eutanasia e come viene applicata in Olanda.
L’eutanasia in Olanda
La parola “eutanasia” deriva dal greco e vuol dire “buona morte” (eu, “bene”, e thanatos, morte). È una pratica che consiste nel procurare intenzionalmente la morte a coloro la cui qualità di vita è compromessa da una malattia fisica, mentale o da una menomazione fisica grave. L’Olanda è stata la prima nazione al mondo ad aver reso legale questa pratica.
Il tutto ebbe inizio negli anni ’70, quando la dottoressa Geertruida Postma mise fine alla vita della propria madre perché molto malata denunciò il tutto alle autorità subito dopo. Scopo della donna era quello di sensibilizzare lo stato e l’opinione pubblica riguardo la pratica eutanistica, riuscendosi.
Lo stato si schierò inaspettatamente a favore della donna, condannandola a una settimana di reclusione e ad un anno di libertà vigilata (anziché ai 12 anni previsti dalla legge). La storia ebbe un impatto mediatico non indifferente tanto da cambiare non solo la legge a favore della pratica, ma anche le sorti future di miliardi di persone.
La pratica da allora si è espansa investendo anche i più piccoli. Negli anni ’90, infatti, si ebbe in Olanda il primo caso di eutanasia infantile, perpetuato su un bambino affetto da una grave malformazione. Nel 2001 il parlamento olandese approva ufficialmente la “Riforma delle procedure per porre fine alla vita su richiesta e per il suicidio assistito”. Nel 2005 viene approvato il “Protocollo di Groningen”, che riguarda esclusivamente l’eutanasia infantile.
L’eutanasia oggi
Oggi possiamo distinguere diversi tipi di eutanasia.
Si parla di “eutanasia attiva” quando la morte è indotta tramite la somministrazione di farmaci (di solito per via endovenosa). Questa pratica è legalizzata in Olanda, Belgio, Svezia e Svizzera.
Parliamo di “eutanasia passiva” invece quando la morte è determinata dalla sospensione di determinati farmaci da parte del medico oppure dallo spegnimento delle macchine che tengono in vita il paziente. Questa pratica è legale in Francia e in Germania e riguarda per lo più malati terminali.
Il “suicidio assistito” consiste invece nell’assistenza non solo medica, ma anche amministrativa ad una persona che ha deciso di morire, il tutto senza la somministrazione di farmaci o sostanze.
L’eutanasia infantile riguarda i bambini e i neonati ed è per lo più “attiva”. Questa pratica è illegale negli altri paesi del mondo, perché riguarda soggetti incapaci di intendere e di volere. Nel caso di bambini e neonati dai 0 ai 12 anni la richiesta della pratica dev’essere redatta dai genitori e/o tutori. Tra i 12 e i 16 si può fare richiesta di morte, a patto che i genitori e/o tutori siano d’accordo. I ragazzi tra 16 ai 18 possono chiedere di morire purché informino i genitori e/o i propri tutori.
Il caso Noa Pothoven
Pur essendo “legale” prima di arrivare alla pratica eutanastica il paziente deve seguire un iter ben preciso. La ragazza olandese Noa Pothoven soffriva di stress post traumatico, anoressia e depressione a causa delle violenze sessuali ricevute da bambina. Aveva fatto richiesta ad una clinica di Levenseid, all’Aia, ma quest’ultima ha respinto la sua richiesta. La ragazza aveva rilasciato anche un’intervista al giornale olandese de Gelderlander, affermando: “Pensano che io sia troppo giovane per morire. Pensano che dovrei completare il trattamento del trauma e che il mio cervello deve prima essere completamente cresciuto. Questo avverrà quando compierò 21 anni – E aggiunge – Sono devastata, non posso più aspettare così tanto tempo”. Noa ha dunque smesso di nutrirsi lasciandosi morire il 2 giugno del 2019.
Foto di copertina: © Sharon McCutcheon