Oggi la rubrica del venerdì non tratterà della mia serie di sfortunati eventi, bensì di qualcosa che ci è più a cuore, ossia l’essere donne nei Paesi Bassi. Proprio su questa tematica i ragazzi del Coi Acli di Utrecht hanno organizzato una masterclass sull’analisi della figura femminile in parallelo tra Italia e Paesi Bassi, a cura della Dott.ssa Caterina Bruno.
Verranno affrontate tematiche quali:
-La Questione di Genere: analisi del ruolo delle donne in Olanda e dell’emancipazione femminile, con un particolare focus sulle opportunità di carriera.
-L’aborto: l’esempio dell’Olanda riguardo alle libere scelte delle donne, in relazione alle differenze con l’Italia.
-Immigrazione: ambientazione delle donne expat nella società olandese.

Le ondate femministe

L’impegno delle donne olandesi nella lotta per la parità dei diritti risale agli ultimi quaranta anni dell’Ottocento, con l’apertura nel 1867 della prima scuola per sole ragazze nella città di Haarlem. Nel 1884 nacque la prima associazione per il suffragio femminile, in quegli anni anche Aletta Jacobs, la prima donna medico dei Paesi Bassi, si batté tenacemente per i diritti delle donne, istituendo ad Amsterdam una clinica gratuita per le donne povere.

Ma fu negli anni Sessanta del Novecento che il movimento femminista si rafforzò, diventando un modello per gli altri Paesi europei. Rispetto al resto d’Europa, il movimento femminista olandese fu preceduto da un esteso dibattito pubblico sui temi della sessualità, omosessualità, amore e matrimonio. Questo dibattito creò un’atmosfera di apertura che favorì la nascita di gruppi ed associazioni gay e lesbiche.

I movimenti femministi olandesi della second wave ebbero un impatto decisivo sulle politiche nazionali e sulla società stessa. Nel 1980, ad esempio, il governo finanziò la nascita di circa trenta centri per donne vittime di violenza; nello stesso periodo si diffusero anche le prime riviste femministe. La battaglia per la legalizzazione dell’aborto, invece, fu caratterizzata da dimostrazioni spettacolari, come l’irruzione nel 1970 delle femministe ad un congresso di ginecologia.

Aborto

Fino agli anni sessanta, l’aborto era considerato un crimine contro la moralità. I ginecologi praticavano l’interruzione della gravidanza soltanto dietro indicazione medica. Le donne con una gravidanza indesiderata e che volevano abortire erano indirizzate al circuito clandestino, con tutti i rischi medici e giuridici associati. Il 7 luglio 1971 è stata aperta la clinica ‘Beahuis’. La clinica Beahuis ha immediatamente soddisfatto una vasta richiesta. Dopo il primo giorno di apertura con tre pazienti, il secondo giorno tutti e cinque i letti erano occupati. Il terzo giorno sono comparse le prime pazienti straniere. Presto sono state aggiunte delle sale e ogni giorno si sono praticati interventi su dodici donne, per sei giorni alla settimana. Alla fine del 1971, a Beverwijk erano stati praticati 1.170 aborti. Oggi, presso la clinica Beahuis & Bloemenhove si praticano 3.000 aborti all’anno.

Nel 1975 il ministro della Giustizia Van Agt ha indetto un “risveglio etico” e si è opposto con veemenza alla legalizzazione dell’aborto. Anche grazie al movimento femminista, l’aborto è stato ora accettato dalla società.

Immigrazione

L’Olanda non è il paese dei balocchi, ci sono anche qui problemi di immigrazione e sebbene sia un luogo particolarmente variegato a livello etnico (dovuto anche alle numerose colonie che i Paesi Bassi hanno avuto in giro per il mondo) rispetto all’Italia, la gente sta iniziando a cambiare mentalità.

Geert Wilders, il candidato nazionalista alle elezioni generali olandesi del 15 marzo che promette di limitare immigrazione e islam, va forte nei sondaggi e i giornali non riescono a capire perché.

Volendam è un classico paesino olandese di 8.000 abitanti che vive di pesca e non ha problemi di criminalità. Gli immigrati sono solo il 2 per cento della popolazione, la disoccupazione è al 3 per cento e tutti votano Wilders. Perché? «Perché non vogliamo finire come Amsterdam o Rotterdam, Wilders è l’unico che si preoccupa di questi problemi», raccontano gli abitanti.
A Rotterdam, la seconda città più grande dell’Olanda, il 38 per cento della popolazione è costituito da immigrati, i musulmani sono tanti, la disoccupazione viaggia al 12 per cento e lo scontento è alto. «Abbiamo bisogno di aria fresca», dichiara Carla Dekker, abitante di un sobborgo di Rotterdam e sostenitrice di Wilders. «Se arriva primo e non lo fanno governare, non so cosa succederà. Credo che ci sarà un’insurrezione».

 

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