“Dal nostro inviato a Torino, Vincenzo Toscani”

 

Si è appena concluso il Film Festival di Torino, e troverete di sicuro online tutte le recensioni sui vincitori. Noi qui vogliamo parlarvi in particolare di quattro film che ci hanno colpito per diverse ragioni, e che secondo noi vale la pena di vedere al cinema.


1. Santiago, Italia – Nanni Moretti

Lasciamo il cinema storico Reposi intorno alla mezzanotte, alla fine dell’ultimo di Nanni Moretti (Santiago, Italia), che ci lascia un misto di sensazioni temporaneamente congelate dalla rigida temperatura esterna.

Siamo contenti perché abbiamo avuto la possibilità di scambiare due parole con Moretti, pur circondato da una folla di fan, e a stringergli la mano
dopo il lungo applauso che ha seguito la proiezione. Appena entrati in un bar della zona, davanti ad un buon bicchiere ci rendiamo conto che abbiamo assistito ad un evento unico che solo Moretti poteva scatenare nel 2018.

Abbiamo appena assistito ad una standing ovation per un film che riporta il fuoco sulla lotta di classe, incentrato sul golpe militare nel Cile di Salvator Allende del 1973, del suo ipotizzato suicidio (ma forse no) e che ne collega gli
accadimenti con la situazione attuale in Italia, come spiegato da Moretti stesso nella sua presentazione iniziale.

La frase finale del film rende il collegamento che Moretti vuole mostrare – tra il Cile di allora e l’Italia di oggi – totalmente esplicito. Moretti racconta una pagina oscura in un modo che ci tiene incredibilmente a galla sopra questi fatti estremamente drammatici, con il cuore continuamente affondato nella tragedia e poi risollevato da una risata, da una parolaccia scappata in fase di registrazione, da un sorriso dei protagonisti, che si contrappongono alla commozione e al dolore dei ricordi di detenzione, tortura, paura e pianto dei protagonisti.

Santiago, Italia va visto perché è una pagina da ricordare, va ascoltato perché è un esempio da imparare, bisogna parlarne perché mostra l’umanità immensa di quella parte di italiani che quando si tratta di aiutare il prossimo in difficoltà si distinguono sempre. Non vogliamo dire di più per non rovinare il piacere della visione di questo film, ma vi consigliamo caldamente di guardarlo dopo aver riletto la storia del golpe cileno.


2. Ride – Valerio Mastrandrea

Parliamo ora invece di un altro film che ha rivelato un ottimo regista al suo debutto: Valerio Mastrandrea.

Il tema è lo stesso di quello del suo primo e unico cortometraggio precedente a questo film (le morti bianche, ovvero le morti sul lavoro) mentre il titolo è emblematico: Ride.

Ed è proprio la voce del verbo ridere, e non “ride” in inglese, come qualcuno avrà erroneamente pensato. Il problema è che Chiara Martegiani, molto brava nel ruolo di Carolina, moglie di un operaio deceduto sul lavoro, non ride molto nel film. Però stranamente non piange neppure, e non sa neanche lei bene perché, o almeno non ce lo vuole dire.

Ovviamente c’è molto di più, soprattutto molto di non detto, di non definito ma nello stesso tempo sufficientemente chiaro nel rappresentare i conflitti tra padre e figlio, tra generazione dei padri e generazione dei figli, tra classe operaia e padroni, con un filo amaro delineato dagli atroci dubbi dei personaggi: “se c’eravamo noi, sarebbe successo lo stesso?”, si chiedono i vecchi operai in pensione che hanno lasciato il posto ai figli in fabbrica; “ma tu ti vesti di nero al funerale?”, domanda il figlio ossessionato dalle interviste alla madre-vedova. Il tutto è scandito da una musica azzeccata, che mai rende il ritmo troppo lento e nello stesso tempo susciterà malinconia per chi ha vissuto certe storie di morti bianche.

Originale nella conduzione, forse nella seconda parte del film si intravede qualche cedimento. Ci troviamo comunque di fronte ad un buon film d’esordio da parte di un regista/attore che è cresciuto insieme al cinema italiano moderno, con attori convincenti e una cinematografia moderna ma appartenente ad uno stile ancora riconoscibile nel cinema italiano.

La nostra sensazione è che si tratti di uno stile di narrazione efficace, che rappresenta una positiva deviazione di percorso. Un nuovo modo di raccontare storie italiane che, pur non essendo ancora totalmente maturo, è senza alcun dubbio da accogliere a braccia aperte come l’inizio di qualcosa di veramente interessante.


3. Unthinkable – Victor Danell

È questa l’ultima produzione di un collettivo svedese che si fa chiamare Crazy Pictures che avevamo conosciuto per la serie di corti Poesi för fiskar, molto popolare su YouTube.

Den blomstertid nu kommer, il titolo originale di questo lungometraggio, è stato inizialmente finanziato in crowdfunding, raccogliendo più di 90.000 dollari nel primo mese. Al Festival è stato presentato dalla direttrice come un buon “disaster movie come quelli degli anni 70-80”.

In realtà, i ritmi sono spesso più lenti, rispecchiando forse anche i canoni del cinema romantico svedese, mentre le scene di azione-e-disastro sono spesso confuse ed improbabili, con utilizzo esagerato anche se non troppo contorto della computer grafica. Ottimi spunti qua e là fanno dimenticare velocemente le parti meno avvincenti, mentre le basi dello sfondo socio-politico della vicenda sono decisamente deboli.

Alex, un tormentato adolescente con problemi familiari è innamorato di Anna che però è costretta a lasciare il paesello di periferia per seguire la madre nella sua carriera politica.

Un incipit che lascia il posto a una storia più dark con un salto in avanti di una dozzina di anni: Alex cresciuto e famoso, che ritorna nel paesello d’origine proprio mentre un misterioso attacco da armi chimiche rende l’intera popolazione tragicamente vulnerabile.

Ci sono tutti gli ingredienti classici della fantascienza “da videogioco”: l’attacco di forze oscure, la pioggia contaminata, le esplosioni dei palazzi di governo, il rifugio con la porta che si chiude inesorabile lasciando fuori solo i più sfortunati, elicotteri militari che inspiegabilmente inseguono un solo uomo disarmato, e così via.

Tutto questo susseguirsi di azioni e contro-reazioni formano un quadro francamente un po’ assurdo, giungendo a suscitare qualche risata nel pubblico in uno dei momenti più drammatici.

Nonostante l’ottima interpretazione di Christoffer Nordenrot (presente in sala ad introdurre il film), anche co-autore della sceneggiatura, questo lavoro lascia la sensazione che potesse essere fatto meglio.

Christoffer Nordenrot (al centro) presenta il film insieme alla direttrice del festival (a sinistra)


Considerando comunque che si tratta di una produzione di un gruppo di entusiasti filmmaker che hanno cominciato pubblicando corti su YouTube, Unthinkable è invece da considerarsi un ottimo prodotto, godibile a patto di non avere la pretesa di vederlo competere con le produzioni hollywoodiane. Da Crazy Pictures ne vedremo di sicuro delle belle in futuro!


4. Juliet, Naked – Jesse Peretz

Infine, vorremmo citare questa divertente commedia inglese recitata benissimo, sia da Ethan Hawke (Tucker) che da Chris O’Dowd (Duncan) e soprattutto da una bravissima Rose Byrne nel ruolo di Anne.

Il film è tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore e sceneggiatore britannico Nick Hornby (lo stesso di Alta Fedeltà), tradotto in italiano con il titolo di “Tutta un’altra musica”.

In questo film vengono trattati con leggerezza temi molto importanti, come la vita di coppia senza figli (Duncan e Anne) e l’abbandono dei figli da parte dei padri (Tucker), intercalati da situazioni più umoristiche, per esempio la futilità di certi fan che riempiono pagine e pagine online pensando di sapere tutto dei propri idoli senza mai averli incontrati.

Ed è proprio questa passione di Duncan per un LP semisconosciuto (Juliet, Naked) di un musicista americano (Tucker Crowe) scomparso in maniera misteriosa dalla scena musicale a creare problemi della coppia e a spingere Anne a scrivere un commento online che scatenerà una serie di fatti collegati che coinvolgeranno anche lo stesso musicista, alle prese esso stesso con diversi problemi familiari.

Tucker con troppi figli e Anne senza figli sono i due mondi che si incontrano, non senza problemi, ripensamenti e rimorsi per il passato vissuto male. Un film leggero, ma permeato di ottimi spunti di riflessione, diretto da Jesse Peretz, un 50enne con molte serie televisive alle spalle.
Una garanzia nei dialoghi e nei testi in generale. Buon divertimento!

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