È la mattina del 12 maggio e presso l’ufficio del Patronato Acli a Utrecht sono tutti molto emozionati, si respira infatti una certa trepidazione perché proprio oggi, in sessant’anni di attività, l’Ambasciatore italiano all’Aja visita l’associazione per la prima volta. Il nuovo Ambasciatore, Sua Eccellenza Giorgio Novello, insediatosi solo da qualche mese, ha deciso di fare visita alla sede per conoscere tutti i dipendenti e i volontari che dedicano il loro tempo e le loro energie al supporto della comunità italiana nei Paesi Bassi. Il presidente delle Acli in Olanda Roberto Paletta ha avuto così la possibilità di illustrare tutti i servizi e le attività che vengono promossi per gli expat italiani sul territorio olandese e solo parole di elogio sono state pronunciate dall’Ambasciatore. Sua Eccellenza si è dimostrato infine così gentile e disponibile da concedere a noi Matteo, Gaia e Veronica di RadioPizza Olanda un’interessante intervista che ci ha permesso di conoscere meglio l’uomo che sta dietro questa importante carica.
Si sente spesso parlare di Ambasciatori, ma poco si sa di questa importante professione. Cosa fa esattamente un ambasciatore, qual è la sua giornata tipo?
Una delle cose che apprezzo di più del mio lavoro è la sua assoluta imprevedibilità, la sera quando preparo la mia agenda per il giorno dopo non ho un’idea molto precisa di cosa dovrò fare, esistono linee di azioni generali, ma è bello vivere giorno per giorno. La vita è cambiamento, come dice Eraclito tutto scorre, ma quello che è più importante per me è mettere a disposizione del mio Paese e dell’Europa, ogni giorno, le mie energie e le mie competenze professionali.
Certo, e come si acquisiscono queste competenze? Come si diventa un diplomatico?
I diplomatici sono specialisti delle relazioni internazionali, quindi persone che per percorso di studi e percorsi professionali sono specializzati nell’avere a che fare con l’estero in diversi ambiti. Come tutte le professioni pubbliche, per costituzione della Repubblica Italiana, per diventare un diplomatico esiste un concorso pubblico, molto trasparente, molto selettivo e molto equo. Infatti col passare degli anni si sta raggiungendo sempre più una parità di genere. Il concorso si tiene una volta all’anno con prove di economia, storia, diritto internazionale e lingue straniere. Se si passa questo concorso comincia una carriera che dura 35-40 anni, svolti sia sul territorio italiano che sul territorio estero. È dunque normale che col passare degli anni si venga promossi a capo di un’Ambasciata, con il compito di rappresentare il proprio paese, negoziare, tutelare gli interessi dei propri connazionali e informare la capitale di ciò che succede nello stato in cui si lavora. Ora si sono aggiunti altri due compiti: promuovere nuove iniziative e coordinare gli altri rappresentanti delle associazioni all’estero.
Chiaro. Quando ha deciso di diventare Ambasciatore? È sempre stato il suo sogno o è una vocazione che ha sentito dopo?
Confesso che all’inizio non era il mio piano, ma sono sempre stato affascinato dall’internazionalità, il mio nonno alto atesino parlava tedesco, l’altro nonno friulano parlava sloveno, quindi questo imprinting l’ho sempre sentito forte. Poi all’università mi sono appassionato di diritto internazionale e soprattutto dei tentativi della comunità internazionale di dotarsi di tribunali che potessero decidere delle controversie fra stati. Un’idea meravigliosa che è diventata anche parte della mia quotidianità perché tra le varie cose mi occupo anche di Corte Penale Internazionale, Corte Permanente di Arbitrato e Corte Internazionale di Giustizia che si occupano esattamente di risoluzione pacifica dei conflitti fra stati.
È bello che abbia fatto della sua passione la sua professione. Qual è la parte del suo lavoro che la appassiona di più?
Sicuramente la possibilità di parlare con le persone. La cosa più bella della vita è poter parlare con qualcuno e esplorare uno il positivo dell’altro, un’attività che permette a entrambi gli interlocutori di crescere, soprattutto se i due provengono da diversi contesti culturali. Questo dialogo poi diventa per me uno strumento utilissimo che utilizzo nel mio lavoro, voglio portare questo arricchimento dentro le mie attività in modo da rispecchiare al meglio i miei valori di pace e solidarietà.
Questo è anche un po’ quello che stiamo facendo oggi, quindi siamo contenti di partecipare con lei a questa sua grande passione…
Certo, è così bello vedere giovani come voi che, anche in un’esperienza formativa e professionale, si mettono a servizio del prossimo, vedere connazionali che si prestano al volontariato, solo per la gioia dell’aiutare il prossimo e di creare relazioni. Questo scambio appunto mi serve non solo a livello personale, ma mi aiuta anche a migliorare la qualità del mio lavoro.
Immaginiamo però che questo lavoro non sia privo anche di difficoltà e problematicità. Qual è appunto la difficoltà più grande che incontra?
Questo è un lavoro totalizzante, non c’è uno stacco fra vita privata e vita lavorativa. Nel momento in cui si accetta un lavoro in una nazione diversa dalla propria, si attraversa un processo di sradicamento da non sottovalutare. Da non trascurare inoltre è la questione della famiglia. Nonostante io sia contento di aver potuto trasmettere ai miei tre figli tutto l’arricchimento che questa professione mi dà, so che la mia famiglia è stata sottoposta a un forte stress per i continui spostamenti.
Appunto abbiamo visto che la sua carriera professionale l’ha portata in giro per il mondo, quale bagaglio esperienziale ha portato nei Paesi Bassi dopo i suoi ultimi incarichi?
Quando mi chiedono di fare un paragone fra gli stati in cui ho prestato servizio, ciò che rispondo è che lo stato in cui mi trovo nel momento in cui la domanda mi viene posta è quello che più mi ha dato in termini di arricchimento. Questo perché penso sia fondamentale vivere nel presente e apprezzare ciò che ci circonda in questo preciso istante. Ho lavorato in Africa, America meridionale e Europa e ovunque ho conosciuto persone straordinarie che mi hanno insegnato ad apprezzare la storia individuale di ogni singolo Paese. Ho vissuto dunque in tanti paesi ma il mio preferito resta l’Italia, mi commuove avere l’onore di rappresentare una nazione così ricca e piena di risorse e ringrazio voi per rappresentare un po’ di italianità anche qui.
Non ci ringrazi, per noi è un piacere, soprattutto in un momento storico difficile come questo. Come è stato per lei ricevere questo nuovo incarico in un periodo di pandemia così complicato come quello in cui ci troviamo ora?
Spero di avervi fatto capire che il mio approccio alla vita è sempre molto entusiasta, e ho cercato di mantenerlo anche in questa occasione, soprattutto in questa occasione! Ovviamente il covid-19 ha modificato alcune parti della mia ruotine, anche solo per citarne una, la mia cerimonia di insediamento presso il re dei Paesi Bassi Guglielmo Alessandro che è stata posticipata di più di un mese. Fino ad ora non ho potuto visitare altro che non fosse L’Aja, infatti questa visita alle Acli di Utrecht è la mia prima visita ufficiale. Sono contentissimo di essere tornato a fare questi incontri di persona, ma questo periodo mi ha insegnato che anche il mondo dell’online ha le sue validità e i suoi punti di forza, infatti la diplomazia può essere fatta offline e online.
Siamo sicuri che tutte le persone che si dedicano a questa associazione siano onorati di far parte del primo ente che ha deciso di visitare. Immaginiamo che prima di venire in Olanda avesse un’agenda delle iniziative che avrebbe voluto realizzare. Questa agenda si è modificata in questi mesi?
Sì certo, è importante rimodulare costantemente la direzione che si vuole prendere, mantenendo però delle linee guida. Ciò che voglio fare è rafforzare le relazione dell’Italia con i Paesi Bassi e sradicare i pregiudizi e gli stereotipi che esistono in entrambe le nazioni. Ho 3 iniziative a cui tengo moltissimo: la prima è la promozione dell’Italia come paese tecnologicamente molto avanzato, non solo nel tessile ma anche nella chimica, nella meccanica aerospaziale e in tanti altri campi, la seconda è quella di sfruttare al meglio la presenza italiana all’Esposizione Universale del settore floro-vivaistico ad Almere e infine voglio compiere un giro completo dell’Olanda in tutte e 12 le regioni in modo da comprendere al meglio tutte le esigenze e le opportunità presenti sul territorio olandese.
Volevamo concludere l’intervista con una nota gioiosa e volevamo dunque chiederle quale sia il ricordo più bello, la soddisfazione più grande che ha vissuto in questi anni da Ambasciatore.
Qualche anno fa ho constatato che stavo trovando difficoltà a camminare normalmente, gradualmente ho dovuto abbandonare molte delle mie passioni, tra cui il ciclismo, fino a che ho perso molta della mia mobilità. Mi hanno diagnosticato la sclerosi multipla primariamente progressiva, una sfida enorme che sono riuscito ad affrontare anche grazie all’uso della fede, una sfida enorme che però mi ha permesso di conoscere un’enorme quantità di persone straordinarie. Il fatto di essere il primo ambasciatore italiano nella storia con problemi di mobilità di questo genere mi riempie d’orgoglio e mi ricorda l’enorme fiducia che il mio Paese ha riposto in me, non vedendo la mia malattia come un impedimento o un ostacolo. Questa malattia mi ha tolto molto è vero, ma mi ha anche dato tanto e, tramite il mio lavoro, io voglio restituire al mondo tutto il bello e la positività che ho nella mia vita.
Siamo molto ispirati dalle sue parole Sua Eccellenza. La ringraziamo enormemente per essere qui e per aver condiviso con noi queste parole così sincere e cariche di significato.
Figuratevi, io ringrazio voi per la passione che mettete nel vostro lavoro e spero di poter incontrare al più presto tutta la comunità italiana qui a Utrecht.
Articolo scritto da: Matteo Peli